Un tranquillo weekend di goduria.
ALL’ANTICA PIZZERIA E FRIGGITORIA DI MATTEO.


Il programma della giornata era già bello che stabilito.
E per pianificarlo, io e il mio compagno di pizze Paolone, avevamo attinto da una verità incontrovertibile…

Giungere alla stazione centrale di Napoli di sabato, alle ore 13.30 o giù di lì, per un mangiatore professionista di pizze toste non partenopeo può significare solo due cose: morire subito d’inedia in fila davanti alla pizzeria di fiducia, oppure girovagare per i vicoli, farsi prendere dall’umanità che accende questo incredibile territorio e imporsi infine per sfinimento su turisti, autoctoni e personale del locale presentandosi in loco alle ore 15.30 inoltrate!

Delle volte non c’è altra scelta e noialtri soldati, addestrati duramente nella palestra della perseveranza, queste dinamiche le conosciamo come il contadino conosce i suoi polli.

Ci attendeva un ruolino di marcia piuttosto impegnativo, ma anche logico e prevedibile considerata l’ora di massima affluenza alla liturgia senza tempo della Divina Pizza.

C’era solo da mettersi in marcia e far scattare l’Operazione Rione Sanità, quindi stringere bene i lacci delle scarpe a piazza Garibaldi, puntare in direzione Tribunali, rinvigorirsi (col coltello fra i denti in mezzo alla folla) con una frittatina a testa da Salvatore Di Matteo, virare per via Toledo e lasciar scorrere il tempo cominciando a scarpinare verso il suggestivo cimitero delle Fontanelle in zona Materdei.
Terminata l’ammazzata a piedi, due fra le svariate soluzioni...
Rifocillare membra e budella da don Antonio Starita, oppure sperimentare la tanto nominata pizza Cafona della Cantina del Gallo.

Stavamo procedendo con impegno e determinazione, ma non avevamo fatto i conti con l’imprevedibilità del caso e come un incontro fortuito potesse stravolgere i nostri ambiziosi propositi…

Raggiunta via dei Tribunali 94, sede della cattedrale dei Di Matteo, ci studiamo la bolgia di umanità intenta ad accaparrarsi un tavolino all’interno del locale.
Sorridiamo frastornati ma consapevoli, perché ogni volta è così, da sempre, con quell’angolo di palazzo attorniato da una folla pazzesca, amplificata da un rimbombo di idiomi provenienti da ogni luogo. Pure da Marte!
Ci settiamo in modalità meditabonda davanti a quel macello d’anime e soppesiamo i benefici e gli svantaggi in fatto di tempistiche.
Ma proprio in quell’attimo, tra il nugolo di capocce ciondolanti davanti all’ingresso, scorgo Salvatore Di Matteo dietro l’altare degli impasti, dritto come un fuso e intento a preparare dischi ricolmi di ogni bendidìo senza neanche il minimo accenno di voler fare una pausa.

Avverto qualcosa sciogliersi nella mia pancia, non so cosa di preciso, come una sorta di affetto e di microscopico privilegio per aver condiviso dei bei momenti alla Terza Convention Nazionale del forum La Confraternita della Pizza.

Al mio amico Paolone dico: “Paolò, la vedo malissimo da 'ste parti. Troppa gente. Mi sa che faremo a meno delle frittatine. Però ahò, c’ho Salvatore proprio qui davanti. Devo almeno provare a salutarlo! Dammi tre minuti al massimo. Se non mi vedi entro tre minuti, raggiungimi, prendimi per un orecchio e portami via di qui”.

Costeggio la calca umana, giro l’angolo del locale che porta in un vicoletto deserto e mi affaccio con discrezione all’ingresso dove lo staff si serve per prendere una boccata d’aria.
Davanti a me, girata di schiena, ho praticamente la quadra d’assalto al completo dei Di Matteo intenta a sfornare cibi divini senza posa: sulla mia sinistra una piscina d’olio bollente da cui fuoriescono arancini, frittatine e pizzelle fritte a rotta di collo e sulla mia destra, Salvatore alla stesura dei dischi d'impasto maneggiati come fossero seta! A ritmi forsennati, impensabili per uno che di mestiere magari intaglia le pipe o fa rimbalzare i tappi dei whiskey sui bordi delle botti.
E io sono lì, perduto in contemplazione estatica e con il massimo rispetto trasudante da ogni poro.
Rispetto per il lavoro, per l’organizzazione affinata da decenni e per quello strano effetto in cui tutto appare semplice e senza intoppi.

Ho un ragazzetto davanti a me, che con un braccio sbarra l’ingresso e controlla la situazione.
Mi vede presissimo. Avverto i suoi occhi che mi esaminano. So che da fuori sembro un soggettone col botto, ma è più forte di me. Ho lo sguardo che vortica da tutte le parti e registra ogni minima variazione di quel ritmo incessante quasi perfetto.
Nel frattempo fumi ed effluvi celestiali inondano gli spazi e un casino di voci e di genti in continuo movimento completano il quadro.

Il ragazzo, ha tatuato sull’avambraccio il giovane viso del Pibe de Oro.
Vorrei dirgli che io non ho mai avuto il coraggio di farmi un tatuaggio, ma quel Diego Armando illustrato in quel modo è davvero notevole. Ma resto in silenzio. Lui continua a studiarmi con discrezione e io non voglio rompere le balle a nessuno, men che meno apparire come il ruffiano di turno.
Ma El Pibe ha molta meno pazienza di me, non resiste più e alla fine mi chiede se cerco qualcuno.
Io per indole avrei ostentato innocua curiosità, cascando dalle nuvole e rimanendo a margine della faccenda, ma una voce mi sussurrava che se non avessi salutato Salvatore poi l’avrei rimpianto.
Gli dico che sono lì per Salvatore (ecco!), per salutarlo veloce come una saetta... "ma mi rendo anche conto che questo non è il momento migliore per disturbarlo"...
Diego Armando non ci pensa manco due secondi e mi chiama Salvatore...

Vabbè, al di là del fatto che tre minuti dopo ero seduto a un tavolo al primo piano e che Salvatore ci ha preparato due pizze gi-gan-te-sche come questa,



volevo sottolineare in tre righe il suo solito, speciale modo di fare.

Giuro che non è che ho acconsentito a mangiare lì per una questione di buone maniere, ma proprio perché la semplicità del suo sorriso e delle sue parole hanno un qualcosa di magnetico e penetrante e io, inizialmente imbarazzatissimo, non ho potuto fare altro che lasciarmi andare e godermi un’oretta di gioia e serenità col mio amico Paolone (basito pure lui).

In attesa dell’arrivo delle pizze, Salvatore era giù, intento a stendere e infarcire come un drago, ma noi ci sentivamo, come dire, protetti, pieni di attenzioni, come se lui fosse lì vicino a noi, ecco.

Faccenda pizze.
Al di là della grandezza siderale, erano DIVINE.
E vale una sola definizione per spiegare la consistenza dell’impasto...

PIZZE DALLA CONSISTENZA LIQUIDA.

Tagli uno spicchio, pieghi il bordo fra pollice e indice e aiutandoti con l'altra mano, sollevi verso la bocca quel triangolo fumante morbidissimo e ricolmo di condimento.

Uno spettacolo dell’umanità e un adagio - questo qui in basso - che andrebbe scolpito sui marmi dei Tribunali, vicino a San Gaetano:



Grazie Salvatore!


Kurando.
Novembre 2014.

Giano Zafferallo. Gambero Bronx. Fabio Di Cesidio.