utopiaband

presenta

 

 

 

 

KNIFE

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

FAIDATE’ production

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PREMESSA

 

Quello che avete tra le mani è un tentativo molto casereccio, e speriamo riuscito, di racconto giallo e quindi sconsigliamo la lettura ai non cultori del genere.

Più che parlare della storia in sé, questa premessa ha il compito di varare la prima opera partorita in comproprietà dalle menti malate dei due componenti della utopiaband.

E’ la prima perché in seguito, per la gioia delle vostre pupille, altri manoscritti e opere visive verranno da noi proposte. E’ nostra premura informarvi che le motivazioni di questa collaborazione sono essenzialmente tre:

1-   La forte attrazione verso il genere fantastico e in particolare horror.

2-   La voglia di stupire utilizzando semplici mezzi.

3-   La mancanza di cose migliori da fare.

Vi preghiamo di soprassedere su eventuali errori di forma o di stile e vi scongiuriamo di non stracciare questi fogli dopo la lettura, in quanto preferiremmo destinare i nostri fondi per le opere future piuttosto che utilizzarli per ricostruire i fogli strappati.

E’ inoltre nostra intenzione mettervi in guardia su quel che vi apprestate a leggere, suggerendo che l’apparenza porta all’errore di valutazione.

 

 

F.D.&A.M.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                 

 

 

 

 …l’apparenza porta all’errore di valutazione…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1

Lungo i viali di Roma le fronde si lasciavano carezzare dalla lieve brezza del tardo pomeriggio. Un bimbo in una carrozzina scrutava incredulo le dita della sua mano. Così insalivate somigliavano ai fili tessuti su una tela di ragno, ma l’effetto gli piaceva, lo faceva sorridere…

…Piero era seduto sul davanzale del terrazzo della casa di Lisa,

a tredici piani dal livello stradale, ma non si curava della distanza che lo divideva dal marciapiede…pensava piuttosto che non sarebbe riuscito a resistere ancora per molto. Era troppo eccitato, finalmente erano soli. Da un quarto d’ora si scambiavano teneri baci, lunghe carezze e li alternavano a palpate avide e sfrontate…eccitanti massaggi. Lisa era decisa, sarebbe ‘accaduto’, e Piero fremeva, le aveva letto qualcosa negli occhi.

…Maurizio contemplava il galeone, minuziosamente decorato, che dava un tocco di solennità alla sala. I lucidi e chissà quanto comodi divani in pelle erano decisamente adatti vicino al camino. Maurizio lo immaginò acceso, con Veronica accanto…in mano due coppe di buon vino rosso e l’ultimo cd della rivista acid jazz a far da sottofondo…la terza traccia sarebbe stata perfetta. Storse un po’ il naso, ma solo per un attimo, l’attimo in cui rammentò che non vedeva Veronica da cinque giorni…

 

2

Maurizio indossava la sua bella tuta adidas; l’aveva solo da una settimana, ma ci si trovava benissimo dentro. La commessa si era mostrata molto allegra prima dell’acquisto, particolarmente quando si era girato per specchiarsi. Lui ne aveva carpito lo sguardo affascinato, che si soffermava dapprima sulle sue larghe spalle, poi più giù, sul fondoschiena. E mentre la spiava dallo specchio pensò che sul davanti avesse qualcosa di molto più interessante da mostrarle.

“Ti sta benissimo!”

“La prendo.”

Mentre Maurizio si accingeva a rivestirsi nel piccolo camerino, lei preparò lo scontrino e sbuffò. Anche questa volta aveva compiuto il proprio dovere.

Ora Maurizio si ritrovava a strimpellare una chitarra. Non durò molto e annoiato la riposò distrattamente. Mani ai fianchi chinò la testa a fissare le sue allstar bianche e camminando disegnò un piccolo cerchio immaginario. Si fermò e guardò la chitarra. Gli sarebbe piaciuto prima o poi imparare a suonare uno strumento, ma di musica ne capiva poco. Anzi, no. Puntualizzò tra sé e sé che di musica ne capiva, eccome! Ma tra capirne e suonarla ce ne vuole…meglio lasciar perdere.

 

“Voi giovani! Pensate solo a divertirvi e a mettervi nei guai. Pretendete di avere tutto senza dare nulla in cambio. Non vi piace prendere una responsabilità con voi stessi e portarla a termine. La vostra è una generazione d’incapaci! Ai miei tempi…”

 

“Fanculo nonno!”

Si girò e si diresse verso la scrivania. Mise le mani in tasca. Nella destra trovò l’oggetto da lui tanto desiderato, regalatogli per il suo compleanno dai parenti: un telefono cellulare.

“Scusa nonno…”

 

3

C’era disordine sulla scrivania.

Lo sguardo di Maurizio cadde sulla radio, si protese per accenderla, ma evitò…

Girò la testa e notò tre ritagli di giornale:

‘STRANO OMICIDIO IN PERIFERIA’; ‘NUOVO OMICIDIO A SAN CLETO’; ‘SAN CLETO IN ALLERTA: KNIFE COLPISCE ANCORA’.

I tre articoli presentavano date non più distanti tra loro di una settimana. Maurizio prese il secondo tra i ritagli e cominciò a leggere:

San Cleto. Dopo cinque giorni dall’inizio delle indagini del primo omicidio, un nuovo episodio di malvivenza impaurisce gli abitanti del quartiere romano. La gente è incredula sia per il rapido susseguirsi degli eventi, sia per la brutalità con cui sono stati portati a compimento. La polizia non ha sospetti particolari su chi possa essere il pazzo omicida in circolazione. Tuttavia, alcuni testimoni, affermano di aver notato un individuo sul metro e settanta vestito con un cappello ed un cappotto scuri aggirarsi nei pressi dei luoghi dei delitti. Sull’argomento il maresciallo Frantocchio ha dichiarato: Abbiamo a che fare con uno squilibrato amante dei coltelli. Si tratta certamente di un individuo molto scaltro e pericoloso che colpisce a caso, difatti non ci sono collegamenti tra le vittime. L’ora dei delitti è la stessa, tra le diciotto e le diciannove, anche la procedura è la medesima. Tutto fa pensare ad un abitante della zona, poiché ha scelto due posti poco frequentati e abbastanza bui per i delitti. In definitiva credo che questo, chiamiamolo ‘Knife’, sia l’innocuo e comune vicino di casa dotato di doppia personalità. Speriamo di far luce su questa grave situazione ed invitiamo i residenti del quartiere a fare molta attenzione nei prossimi giorni…’

Maurizio posò il ritaglio che aveva tra le mani e prese quello con la data più recente:

‘San Cleto. Ancora lui, Knife.

Questa volta a farne le spese è stato un professore. Il fatto è accaduto proprio sulla porta d’ingresso della sua abitazione. Il cadavere è stato trovato nelle stesse condizioni delle altre due vittime: presentava varie ferite di arma da taglio sul corpo ed aveva una busta di cellophane sul volto.  Anche stavolta l’assassino ha immobilizzato la vittima con un coltello e l’ha asfissiata con le proprie mani. Per gli psichiatri agisce in questo modo per smania di repressione a sfondo sessuale ed è ora più che mai pericoloso. Il fatto di aver ucciso di fronte ad un’abitazione sta a significare che colpisce in preda a raptus omicidi improvvisi, senza curarsi dei rischi in cui può incorrere…’

Un clacson distolse l’attenzione di Maurizio dall’articolo.

Guardò l’ora. Alle 19:05 la sera era calata inesorabile su tutta Roma, ma ancor più sopra Maurizio…sopra San Cleto.

 

4

19:06.

“A quanto pare sono fuori pericolo!”

Un sorriso ebete gli solcò la faccia.

 

Colpisce in preda a raptus omicidi improvvisi…

 

Il sorriso svanì.

Aveva pensato che i raptus omicidi non sono come le partite di calcio, a loro non gliene frega niente dell’ora, vengono se devono venire.

 

“Come del resto la morte. Viene se deve venire.”

“Fai sempre affermazioni del cazzo!”

“Le tue sono meglio!”

“Io non ne ho fatte.”

“Comunque complimenti per il linguaggio!”

“Il tuo non è migliore.”

“Verissimo, ma sei tu che mi ispiri, cerchi sempre di litigare.”

“E allora che ci stai a fare con me?”

“Forse sarà per come muovi il tuo bel culetto…”

“Stronzo!”

Lo sportello dell’auto si era chiuso con un tonfo deciso…ma a Maurizio ancora risuonava l’eco dei singhiozzi di Veronica, che con gli occhi gonfi di lacrime, rovistava nella propria borsetta alla ricerca delle chiavi.

Lui aveva pensato che lo facesse appositamente per guadagnare tempo ed offrirgli la possibilità di scendere dalla macchina per correre ad abbracciarla. Non le avrebbe mai dato quella soddisfazione, ma quando Veronica varcò il cancello di casa, Maurizio provò un forte rimorso. Un rimorso che le telefonate con chiusura della cornetta in faccia gli aumentarono. Un rimorso che durava solo da cinque giorni, ma dio come sembravano cinque secoli.

 

19:15.

“Merda!”

Prese il cellulare.

 

5

“Pronto, dove cazzo sei?”

“Sto arrivando…”

“Ti aspetto in casa.”

“Va bene.”

“Hai con te la valigetta?”

“Si.”

“Allora muoviti!”

Geppo richiuse lo sportelletto del suo motorola accorgendosi di essere effettivamente in ritardo; tuttavia il tono che Maurizio usava con lui non gli piaceva affatto.

Purtroppo ci si era dovuto abituare; era lo stesso tono che aveva ascoltato per la prima volta durante il secondo liceo…era stato beccato in flagrante a giocherellare in bagno col proprio ‘arnese’! Così Maurizio, Fabio e Adriano gli avevano coniato il soprannome di Geppetto! Da Geppetto divenne Geppo non appena, crescendo, toccò il metro e ottantacinque.

“Comunque quel tono non mi piace!”

Fece tre passi e girò l’angolo con aria distratta…

Una mano guantata era stretta intorno all’impugnatura di un coltello. La lama non era molto grande, ma l’acciaio ben luminoso…ci si sarebbe anche potuti specchiare. Forse Alessandro, alias Geppo, riuscì a specchiarcisi per qualche istante, giusto il tempo di accorgersi che l’oggetto affilato era penetrato nel suo addome. 

Le sue orecchie erano intente ad ascoltare i gemiti di dolore e di paura, quindi non percepirono il tonfo del proprio corpo a terra e neanche lo scricchiolio acuto che emettono le buste quando vengono stropicciate…quelle maledette buste di cellophane!

Una patina biancastra gli apparì davanti agli occhi. Nonostante il dolore, Geppo comprese che quella patina era frutto dell’aria che ancora aveva nei polmoni, quell’aria che inevitabilmente andava a cozzare contro la plastica. La stretta che gli serrava il collo prosciugò avidamente ogni sua riserva d’ossigeno.

Poi il nulla.

La testa inerte e impacchettata di Alessandro ricadde a terra, la figura sopra di lui si alzò e lentamente si avvicinò alla valigetta. Una valigetta che non aveva più un padrone. L’aprì. Tra il bavero del cappotto e la tesa del cappello affiorò un ghigno.

 

6

19:34.

Maurizio massaggiava il callo che spuntava sotto il dito medio della sua mano destra.

“Spero che tu sia morto, altrimenti ci penserò io…”

La rabbia e l’impazienza non erano più sopportabili. Per scaricarsi un po’ dovette passeggiare avanti e indietro per la stanza tentando di pensare a qualcosa. Sarebbe stato meglio non farlo, ma non era semplice. Maurizio non stava bene con se stesso; forse aveva troppi rimorsi, forse pochi ricordi piacevoli o forse la classica incertezza nei propri mezzi che molti giovani si portano dentro.

All’improvviso uno strano rumore raggiunse le orecchie di Maurizio. Un crepitio metallico, proveniente dalla porta d’ingresso.

Al piano terra della villetta accadeva qualcosa.

Dal primo piano, Maurizio non riuscì a distinguere il rumore…uno spadino o una chiave? Era Geppo o qualcun altro?

La luce, meglio spegnere la luce.

 

7

Una mano guantata spinse la porta. La spalancò.

La figura umana scalciò sul tappeto d’ingresso, poi varcò la soglia.

Maurizio tremava.

 

…alcuni testimoni affermano di aver notato un individuo sul metro e settanta vestito con un cappello ed un cappotto scuri…

 

La distanza tra l’ingresso e il pianerottolo del primo piano non permetteva di stabilire con precisione l’altezza della persona al piano inferiore. Maurizio distinse, senza possibilità d’errore, gli indumenti che ricoprivano quel corpo: un cappotto ed un cappello.

L’individuo si diresse verso le scale. Voleva salire.

Muoversi dalla posizione in cui si trovava, corrispondeva a farsi scovare e Maurizio sapeva di non potersi permettere un simile lusso.

Sbam.

L’impatto echeggiò in tutta la casa.

Maurizio si irrigidì così come fece la figura al piano inferiore. Il cappello si rivolse verso le scale come per evidenziare che avrebbe continuato nel suo intento…salire.

Sbam.

Maurizio sorrise leggermente; aveva riconosciuto il rumore…la finestra del piano terra.

Il diversivo gli era piovuto dal cielo.

Lo scalpiccio dei passi che si allontanavano dalla rampa di scale, provocò in lui una scarica di adrenalina. Ora poteva muoversi, poteva agire, doveva nascondersi.

La mano guantata chiuse la finestra.

Maurizio entrò in una stanza e l’impeto lo portò a trovare rifugio nel posto più semplice dove si possa venire scoperti: sotto il letto.

Si pose in attesa.

 

Nel salirla una scalinata in legno provoca scricchiolii dovuti alla frizione tra elementi sovrapposti. Le scale della casa erano in legno.

Una suola di cuoio avrebbe creato, oltre agli scricchiolii, un rumore secco, sordo; una scarpa col tacco un rumore simile, ma più acuto; una suola di gomma uno stridio inconfondibile, simile alla sgommata di un auto.

A Maurizio non giunse nessuno di questi.

I gradini erano coperti da un tappeto ornamentale che attutiva il rumore rendendolo sterile. 

Di certo qualcuno stava salendo. Lo scricchiolio del legno ne era la prova.

“Non è detto che entri in questa stanza!”

 

SE QUALCOSA PUO’ ANDARE STORTA, CI ANDRA’.

                                                                                Legge di Murphy 

 

Un bagliore squarciò l’oscurità.

Le lampade poste lungo le scale erano state accese.

Un cono di luce fioca penetrò il buio della stanza dove era appostato Maurizio.

Due anfibi neri, molto usati, gli si pararono davanti agli occhi.

Trattenne il fiato. Il suo ritmo cardiaco aumentò all’impazzata.

Concentrato nell’apnea, vide i due anfibi dirigersi verso il vertice della stanza alla sinistra del letto. Li vide fermarsi davanti alla scrivania. Una lampada si accese; la mano guantata tirò fuori da una tasca del cappotto un astuccio.

L’astuccio venne adagiato sul pianale di legno e venne aperto.

 

8

Coltelli.

Una serie di sei coltelli molto particolare, quasi bizzarra.

La mano guantata ne afferrò uno per esaminarlo accuratamente, poi lo ripose per prenderne un altro…

Maurizio poteva osservare solamente due anfibi immobili poiché il materasso limitava la visuale. Nonostante il terrore lo bloccasse,  si spinse sotto il bordo del letto per osservare ciò che accadeva nella stanza.

Un leggero luccichio colpì la sua attenzione, poi un tonfo metallico.

Un coltello era caduto in terra. La vista della lama inchiodò Maurizio nella posizione appena assunta.

L’uomo si piegò per raccogliere il coltello. Mantenendo quella posizione, esaminò con cura la lama affilata e carezzò con il guanto le mattonelle…niente, non si erano scheggiate, né il coltello rovinato.

Gli occhi dell’uomo puntarono verso il letto.

Rimasero fissi per qualche istante…

 

9

Si rialzò, pose il coltello nell’astuccio, chiuse il tutto e lo adagiò nel cassetto sottostante.

Maurizio credette di aver sfiorato l’infarto e gli ci vollero un paio di minuti per capire che il rumore assordante nei suoi timpani era il battito del proprio cuore.

La luce si spense e gli anfibi svanirono.

Intuì di essere di nuovo solo nella stanza.

“Possibile che non si sia accorto di me? Oppure è consapevole e mi aspetta per freddarmi?”

Non avrebbe atteso per constatare quale delle due possibilità fosse quella esatta…doveva fuggire.

Si tirò fuori da sotto il letto e si affacciò con prudenza verso le scale.

Percepì rumori ignoti dal piano terra.

Scendere sarebbe stato il modo più semplice per farsi scoprire.  

Si guardò attorno ed entrò in un’altra stanza.

Driin!

Il telefono cominciò a squillare. Maurizio fu assalito di nuovo dal terrore. Completamente fuori di sé aprì la finestra e guardò in basso. 

L’ennesimo trillo si interruppe a metà come se qualcuno avesse isolato il telefono. Senza esitazione Maurizio si calò nel giardino sottostante a quasi quattro metri di altezza…pochi attimi e poggiò i piedi in terra.

Le due mani guantate si posarono sui lembi del cappotto in cerca dei bottoni; dopo averli fatti uscire dalle asole, afferrarono il cappello per poi scaraventarlo sul divano. La luce si riflesse sulla capigliatura castano chiaro. L’individuo passò accanto a un mobiletto; la chitarra poggiata sul bordo rischiava di cadere. Il volto dell’uomo rimase perplesso. Prese lo strumento e lo sistemò per bene. Si tolse cappotto e guanti e li adagiò sulla poltrona.

Driin…

Di nuovo il telefono.

L’uomo si allungò di scatto nel tentativo di raggiungere l’apparecchio telefonico…poco prima non era riuscito a rispondere in tempo.

La sua mano irsuta e massiccia alzò lentamente il ricevitore.

“Pronto?”

“Pronto, buonasera, è il signor Argento?”

“Si, sono io. Buonasera signorina, stavo giusto pensando a lei.”

“Ah, si?”

“Esatto, sono appena rientrato e posso darle una buona notizia. Ho qui la collezione originale dei coltelli che cercava!”

“Ma davvero? E’ fantastico, quasi non ci speravo più.”

“Se dice così, allora non mi conosce. Trovare oggetti nelle migliori condizioni è il mio mestiere…dico questo perché la sua collezione è davvero magnifica. Posso portargliela quando vuole.”

“Stupendo. Però preferirei passare io, non vorrei rovinare la sorpresa…sa, è un regalo per mio padre.”

“Capisco perfettamente. Ha il mio indirizzo, mi dica quando vuole passare.”

“Domani, verso le diciotto. Va bene?”

“Certo, il prezzo è quello concordato, nessuna aggiunta. A domani signorina.”

“Grazie, a domani.”

Clic.

Riposto il ricevitore, il signor Argento accese la sua antica pipa. Era visibilmente appagato, anche questa volta aveva soddisfatto la richiesta di un cliente capriccioso...del resto lui era il migliore nel suo campo.

Cercate un pezzo d’antiquariato introvabile?

Rivolgetevi a Mario Argento, lo avrete!

 

10

Maurizio scavalcò velocemente il cancello dell’abitazione; il fiatone e qualche goccia di sudore non gli impedirono di cominciare a correre.

Si guardava intorno…aveva la sensazione di essere seguito.

 

“Le case degli antiquari sono sempre piene di oggetti preziosi. In più, ho scoperto che la cassaforte è dietro al quadro della sala da pranzo. Vedrai Maurizio, il colpo sarà semplice. Quell’uomo lo conosco bene ed è continuamente in giro per lavoro…”

 

“Maledetto Geppo! Se ti prendo cazzo…”

Girò l’angolo e inciampò in qualcosa.

Una valigetta.

 

11

Non ci si accorge mai di quanto sia lunga una caduta.

Maurizio imprecò. Poi si scusò col malcapitato che credeva di aver travolto. Volse l’attenzione verso l’individuo sotto di lui, ma non riuscì ad incrociare il suo sguardo. Fu in grado di vedere solamente un corpo immobile ed una busta di cellophane sopra il collo…

Una busta di cellophane.

 

…una busta di cellophane…

 

Per qualche breve istante il vento cessò di soffiare e senza dubbio la terra si fermò.

Maurizio fissò la busta…dentro la busta.

Avrebbe fatto meglio a distogliere lo sguardo.

“Geppo ma che…”

Le parole si strozzarono…la mano di Maurizio toccò inavvertitamente quella di Alessandro. Si impressionò. Era come toccare un pezzo di ghiaccio.

“Aaaaahhh!”

L’urlo giunse verso Maurizio provocandogli una fastidiosa sensazione, simile all’effetto di una sveglia che interrompe un sonno profondo.

Una ragazza bruna, con la bocca aperta e gli occhi sgranati, indietreggiò, perse l’equilibrio e cadde a terra in preda al panico.

A guardarla bene, Maurizio avrebbe preferito farla gridare di piacere piuttosto che d’orrore…

Notò una valigetta sdraiata in terra. La riconobbe e l’afferrò.

La giovane continuava ad urlare.

 

Pochi minuti e la strada parve animarsi…finestre, portoni, gente che accorreva. 

“Cos’è successo? Che cosa ha visto?”

La ragazza fissò i capelli brizzolati di un signore che tentava di sorreggerla. Pronunciò parole sconnesse.

“Un ragazzo…con una valigetta…è fuggito…”

“Cosa? La prego, si calmi!”

In lontananza un uomo urlò:

“E’ di la, l’ho visto!”

Maurizio correva.

Nella gola avvertì il sapore della sabbia calda, così secca che pare stia quasi per strozzarti. La fronte grondava sudore e la maglietta umida si accingeva a stringerlo sempre più in un fastidiosissimo abbraccio.

Ma c’era altro a cui pensare: correre.

Si concentrò nella fuga, ma una pedata lo colpì allo stinco della gamba destra.

Rotolò a terra. La vista dell’odioso grigio dell’asfalto lo fece gemere di dolore; i calci che stava ricevendo al cospetto sembravano timidi buffetti. Maurizio si rannicchiò in posizione fetale e spense il mondo che gli girava intorno.

Quando riprese coscienza avvertì gonfiori in vari punti del corpo; provò a muovere le mani, ma invano…schiuse gli occhi tumefatti e capì di essere ammanettato. Un poliziotto aprì la valigetta e tirò fuori alcuni oggetti; tra questi, una lama di coltello per metà lucente e per metà color porpora.

Color sangue.

 

12

La sera passò velocemente, quasi fosse impaziente di andarsi a riposare nel buio della notte.

Poi, il tempo rallentò per prolungare i sogni di un bimbo che, nel pomeriggio, aveva scoperto quali magie fosse in grado di creare la saliva sulla sua mano.

 

Intorno alle 6:00 un occhio di Roma si aprì.

I giornalai sistemarono i quotidiani sugli scaffali sperando che le notizie del giorno tirassero più del solito.

Un metronotte, prossimo alla fine del turno, aprì il giornale appena comperato e lo adagiò sul volante della sua auto; cominciò a leggere sorseggiando una buona dose di caffè americano.

Tra le cronache della città compariva un articolo molto interessante:

‘ACCIUFFATO L’ASSASSINO DEL COLTELLO!

San Cleto. Catturato il famigerato Knife.

L’assassino, commesso l’ennesimo omicidio, è stato colto sul luogo del delitto dagli sbigottiti residenti del quartiere. Messosi in fuga è stato rincorso e bloccato da alcuni giovani coraggiosi. La polizia, giunta poco dopo, ha protetto l’assassino dal pestaggio. Successivamente, l’arma del delitto è stata recuperata in  una valigia contenente anche arnesi per lo scasso. Il maresciallo Frantocchio, responsabile dell’ intera operazione, ha puntualizzato: Il ragazzo sembra corrispondere all’identikit del maniaco. Inoltre l’arma trovata, ad una prima perizia risulterebbe essere la stessa degli altri omicidi. Tuttavia la prassi prevede ulteriori accertamenti prima di decretarne la fine, quindi al momento non possiamo fornire le generalità del presunto assassino…’

“…Jackie otto…Jackie otto…recarsi urgentemente alla filiale trentadue della BNL…Jackie otto…”

“Cazzo.”

Il metronotte aprì lo sportello e posò in terra il bicchiere col caffè, chiuse il giornale e stanco partì.

Così facendo non prestò attenzione ad un altro breve articolo che raccontava la tragica morte di Piero, un ragazzo schiantatosi al suolo dopo un volo di tredici piani…

 

 

13

17:30.

Din don.

“Ma si, certo. Posso trovare quel che vuole, mi deve dare solo un po’ di tempo.”

Din don.

“Scusi un attimo, suonano alla porta.”

Il signor Argento si alzò dal divano e raggiunse in fretta la porta d’ingresso. Una volta aperta si trovò di fronte una splendida ragazza alta e bruna, fasciata da un elegante cappotto.

Il signor Argento spinse il tasto ‘mute’ sul suo portatile.

“Buonasera Lisa, l’aspettavo più tardi…”

“Buonasera, spero di non disturbare.”

“Ma no, si figuri. La prego entri, vado subito a prendere la sua collezione.”

“Faccia con comodo, abbiamo atteso così tanto che un minuto in più non cambierebbe nulla…”

“Ha ragione. Penso comunque che ne sia valsa la pena.”

Così dicendo si girò in direzione delle scale e riprese la sua conversazione telefonica. La bella ragazza varcò la soglia della porta.

La voce di Argento dal primo piano la raggiunse:

“Si metta comoda. Torno subito.”

“La ringrazio.”

Lisa sorrise soddisfatta, come se il panico mostrato alla folla il giorno precedente le fosse scivolato via senza lasciar traccia…

Per l’ennesima volta estrasse da una tasca i suoi guanti in pelle.

Li indossò. Controllò l’altra tasca. Conteneva una busta di cellophane ed un nuovo coltello. Si girò e chiuse la porta.

Come ogni giorno, la sera calava inesorabile su San Cleto…

 

 

 

 

 

 

Settembre 1997                                                                                             

 

 

Fabio Di Cesidio & Adriano Missana