Gennaio 2010.



(scritto nel settembre 2003)

Quando la mia dieta lo richiede, da bravo consumatore raggiungo il pizzicagnolo dietro casa e vado alla ricerca di una confezione da tre del Tonno Insuperabile.
Un cerimoniale dettato non tanto dalla qualità del prodotto, ma dal rassicurante faccione del pescatore buono effigiato sul cartone. Quello stesso uomo sorridente, guarnito di occhi a fessura come i cinesi che parecchi anni prima - avendo a disposizione uno spazio televisivo di pochi secondi – annunciava proverbiale lo storico slogan: “Tonno Insuperabile, centosettanta grammi di bontà… in olio d’oliva!”, con un tono meccanico/strascicato che ricordava vagamente quello di Papa Wojtyla a quarantasei anni.
Perderei solo tempo a negarlo, ma questo celebre scorcio pubblicitario ha codificato ex novo il mio codice a barre interiore, facendomi ricredere sul principio secondo il quale uno spot azzeccato può far lievitare di molto le vendite di un articolo. E considerata la strana piega intrapresa dal progresso, tutto fa presupporre che sia davvero così. Conosco amici che ancora acquistano i Sofficini Findus, smaniosi d’intagliarli con la forchetta per controllare che sorridano di abbondante formaggio fuso!
Ma torniamo al nostro uomo.
A rendere quel breve spot un’esperienza unica era lo sbalorditivo dettaglio tecnico impresso su pellicola: il pescatore ricoperto d’indumenti stantii come la cerata verde militare, il maglione celestino di lana infeltrita a lupetto, una pipa da profeta navigato che attende senza fretta la venuta del pescespada, un berrettino di quelli minimali da malavitoso infame e l’ipnotico baffo folto che nascondeva in modo lieve la fila superiore dei denti (fradici pure quelli come un vero lupo di mare?).
Ma non è tutto, infatti anche i ‘riempitivi’ della scena fornivano il loro prezioso contributo.
Prendiamo ad esempio i tre puntini di sospensione collocati nella frase del nostro amico televisivo; ebbene, poco prima di “…in olio d’oliva” calava un nanosecondo di silenzio, subito sostituito da un giuoco di prestigio orchestrato dal nostro eroe, che lo vedeva sollevare una mano e mettere in mostra il famigerato ramoscello d’ulivo al vento. Intanto alle sue spalle risaltava l’enorme profilo di un peschereccio bianco e giallo, impataccato da strisce di ruggine orizzontali provocate dagli scoli. E per chiudere in bellezza quella gragnola d’emozioni visive, gli altoparlanti dei nostri teleschermi venivano suppliziati da un insistente pigolio di gabbiani, svolazzanti sullo sfondo e logicamente inconsapevoli della loro apparizione televisiva.
Una buffa dissonanza quest’ultima: come dire, attori naturali liberi di fluttuare nella vastità del cielo azzurro (omaggio d’obbligo al Gabbiano Jonathan Livingston) contrapposti al mercimonio capitalista del tonno in scatola. Tanto d’avermi continuamente spinto a fantasticare sul significato di quei piccoli lamenti. Chissà, forse i cugini pennuti di Civitavecchia, impettiti e borgatari davanti alla telecamera, avrebbero gridato senza vergogna: “Anvedi questi! Guarda che stanno a fà pe convince er pubblico a magnà er tonno. E poi che tonno… na ciofeca! Manco le capocce je lasciano…”.
Terminata questa rapida disamina, una serie di legittime domande.
Ma Baffo (alias il nostro amato protagonista) è un pescatore vero oppure un commediante prestato alla causa? Nel caso fosse un attore, avrei pieno diritto di sapere: a) come si chiama. b) perché non è diventato famoso. Ci riesce qualsiasi stronzo, non capisco cosa in lui (militante via etere da anni nel settore ittico) non abbia funzionato. c) e’ consapevole di ciò che ha fatto? d) quanti anni avrà oramai?
In definitiva questo signore è riuscito a simboleggiare la pura essenza del pescatore vecchia maniera.
Fatico non poco a immaginarmelo nella vita reale di tutti i giorni, magari in giacca e cravatta, incazzato come una vipera a dirigere un’importante compagnia d’assicurazioni.
O ancora, pensate che ridere aver potuto assistere di persona ai preparativi delle pose fotografiche.
Lui al centro dell’attenzione, accerchiato dall’apparecchiatura della troupe e dai riflettori che abbagliano mezza banchina. Dalla confusione emerge il visagista delle dive che apporta gli ultimi ritocchi al suo volto finto segnato dai troppi inverni, fino a quando il fotografo non decide di cominciare con gli scatti. E allora Baffo che ti combina? Si prodiga in un lungo respiro, umetta e asciuga le labbra a ripetizione come un assaggiatore di vini pregiati e finalmente, con naturalezza, s’immobilizza in quei tratti somatici che tutti conosciamo e si trasforma nel meraviglioso personaggio immortalato nella foto (tanto perfetta da rievocare leggende di mille porti di tutti i mari del mondo).
E per finire, un plauso di cuore va rivolto all’azienda impresaria del Tonno Insuperabile che, nonostante la loro opera di celluloide stia ingiallendo come le mappe dei pirati, non ne vuol sapere di rinverdire la propria campagna pubblicitaria.
Una scelta dettata dalla consapevolezza di aver creato un archetipo pop di fine millennio o la temuta ombra della bancarotta che li tiene appesi al filo di un palloncino gonfiato male?




(Spot90 - Pubblicità del Tonno Insuperabile [1986])


[Ragionamento e commento di FABIO DI CESIDIO a.k.a. Fabbione a.k.a. Dottor Kurando]