Sarebbe opportuno, ogni volta che si parla di registi come Danny e Oxide Pang (a.k.a. The Pang Brothers),
operare una seria distinzione fra talento e tecnica: spesso esaltati da
certa critica facilona che li acclamava come straripanti del primo, in
realtà i due cineasti sembrano più che altro in possesso di un ottimo
bagaglio della seconda.
Resisi conto di non possedere reale sintonia con il genere horror (The Eye e The Eye 2
lasciavano a desiderare, soffocando il terrore sotto uno stile
eclettico ma inutile e inadatto alla messa in scena del perturbante) i
due cineasti scelgono con The Eye 3: Infinity
di svoltare nei territori della parodia e della comicità sfruttando
inizialmente una struttura a storie multiple contenute in una cornice
comune per poi, in seguito al ritorno dei ragazzi in città, seguire una
trama più organica.
Se era già difficile capire e giudicare a fondo gli horror orientali e
abbiamo impiegato qualche tempo ad assimilare i simboli più ricorrenti,
certi modi di recitare e le loro principali usanze e tradizioni, il
gioco diventa ancora più difficile in questo caso.
Maestri dell’esasperazione pop, i Pang abbandonano in questa pellicola
ogni pretesa di sfornare un prodotto internazionale e mirano
esclusivamente al pubblico di casa eliminando possibili filtri e blocchi
e dando vita a un prodotto che ai nostri occhi appare come uno dei film
più sconcertanti e assurdi mai visti.
Palle da basket malvagie, ectoplasmi pseudo vegetali che si lamentano
delle persone che gli urinano addosso, gatti neri chiamati (in una
esplosione megatonica di fantasia) “Ebano”, spettri che si muovono al
ritmo delle bacchette battute sulle tazzine, fantasmi esorcizzati a
colpi di scorregge… Ogni singolo fotogramma è mirato a un pubblico
orientale dodicenne e tutto quello che probabilmente farà ridere a
crepapelle quel target lascia noi poveri visi pallidi stupiti in
negativo e in bilico fra il desiderio di ficcare in gola ai fratellini
Pang tutte le pizze del film o telefonare agli amici per annunciare loro
la nascita di un possibile stra-cult movie che verrà ricordato nei
secoli a venire. Pur propendendo in maniera decisa per la prima opzione,
il sottoscritto non sottovaluta certo la seconda.
Affogando la tematica in questo mare di scempiaggini e incoerenze,
diventa anche impossibile interessarsi realmente al folklore proposto e
sorge persino più di un dubbio se le leggende illustrate all’interno del
lungometraggio siano realmente appartenenti alla loro cultura e
tradizione o siano semplicemente un ennesimo scherzo dei Pang.
The Eye 3 Infinity offre splendidi (o atroci, a seconda dei
vostri gusti) titoli di testa chewing-gummosi, impatto
grafico-stilistico (per fortuna) minore rispetto alla media delle
pellicole panghiane e una scena che entra a razzo nella storia del
cinema di tutti i tempi e generi: due ragazzi hip hop, in fondo a un
corridoio, scorgono all’altro capo un loro coetaneo momentaneamente
posseduto/in lotta con gli spiriti. Colpiti dagli strani movimenti, i
due pensano si tratti di una sfida di break dance e cominciano a
rispondere colpo su colpo in una escalation dell’assurdo che raccoglie
una folla di spettatori entusiasti. Fino a quando il posseduto comincia a
camminare sul soffitto…
Chapeau, Pang Bros!
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Titolo: The Eye 3 Infinity
Titolo originale: Gin gwai 10
Nazione: Hong Kong Anno: 2005 Regia: Oxide Pang Chun, Danny Pang Interpreti: Bo-lin Chen, Yu Gu, Bongkoj Khongmalai, Isabella Leung, Ray MacDonald, Kate Yeung
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