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THE EYE 3 – INFINITY (Gin gwai 10)

Di Oxide Pang Chun e Danny Pang, con Yu Gu e Isabella Leong; formato: 1.85:1; 2005


Esercizi di stile su ‘The Eye 3’.

Immaginiamo di vederlo in una situazione “classica” da sala cinematografica o da noleggio DVD per una serata in casa, ovvero in compagnia di – al massimo - una o due persone ed escludendo la possibilità, o la voglia, di fare commenti ad alta voce, un faccia a faccia più o meno solitario tra voi e i fratelli Pang, ok?
Ecco, in un contesto simile ‘The Eye 3’ non può che essere definito “un film di merda” senza appello, una puttanata che cerca disperatamente (senza riuscirci, ma neanche per un istante) ed è convinta di far ridere e spaventare, con una storia senza capo né coda di giovinastri che trovano un libro misterioso ad un discount dei Necronomicon e sperimentano i vari modi di far apparire un fantasma.
La parte “paurosa” di ‘The Eye 3’ è costituita dai soliti orientali infarinati, una categoria che provoca una reazione ormai collocabile perfino al di là della noia, oltre l’irritazione, che supera i confini della pena e tocca vette inesplorate di inutilità; appare un orientale infarinato e quello che si prova è ormai il Nulla puro.
La parte “comica”, invece, prevede una delirante sfida di ballo hip-hop, bacchette cinesi sbattute sui denti e spettri scacciati a colpi di scorregge.
Se il modo logoro con cui si tenta di far paura lascia del tutto indifferenti (a meno che non abbiate dieci anni), con la parte comica si rimane invece sbalorditi.

Andiamo oltre.
Vedere un film con la consapevolezza che si tratta di un prodotto orientale, implica l'accettazione dello stesso con tutto lo strascico di elementi caratteristici della sua nazionalità, e predispone lo spettatore alla modalità di visione "Roba cinese", che richiede una immediata - ed automatica - sintonizzazione mentale sulla frequenza che possa filtrare tutta una serie di fattori che, altrimenti, rappresenterebbe un ostacolo insormontabile (recitazione spesso caricaturale, una sensibilità a certe tematiche completamente diversa dalla nostra, e via dicendo). Come quando vai alla posta: il solo trovarsi in quell'ambiente ti lascia entrare in un ordine di idee per cui l'iter fila interminabile/burocrazia/proteste etc viene vissuto come una prassi accettabile (e accettata) e non come quello che è realmente, ovvero un insulto alla vita stessa.
Inoltre, vedendo un film in una versione doppiata è quasi impossibile stabilire l'effettiva validità degli attori (che poi è il meccanismo che permette alla Bellucci di lavorare all'estero, che altrimenti non avrebbe mosso un passo al di fuori di Città di Cashtello, altro che Matrix...).
Per vedere se l'essenza di 'The Eye 3' si regge in piedi anche senza il supporto benevolo del nostro "sguardo predisposto" (che, in parte, è un po' il classico gioco del "se non avessi saputo che era un film di David Lynch, ti sarebbe piaciuto lo stesso?"), spogliamolo quindi della sua matrice orientale e facciamo finta che sia un film occidentale, anzi, per togliergli pure il vantaggio del doppiaggio immaginiamo che sia una pellicola italiana.
Ecco, state vedendo 'L'occhio 3', diretto dai fratelli Manetti; ad un certo punto Silvio Muccino viene posseduto da un fantasma ed inizia una gara di ballo hip-hop con altri due ragazzi ("Quefti baftardi mi ftanno battendo!") e in seguito appare una scena in cui Riccardo Scamarcio e Martina Stella iniziano a scorreggiare contro un gruppo di fantasmi.
Tutto ad un tratto, il pensiero di una pioggia di ordigni nucleari sull'Italia non vi sembrerà così drammatico.

Facciamo, in conclusione, un terzo esperimento: una visione di 'The Eye 3' in compagnia di gente che ha la possibilità - per via dell'ambiente domestico - e la capacità di fare battute ironiche su quello che si sta vedendo (situazione che rispecchia in pieno quella in cui ho visto il film). Le prese per il culo ai danni dei fratelli Pang fioccano, alcune gag vengono prima anticipate grazie ad un'innata goliardia ("eh, sì, mo te immagini se je scorreggiano contro?") e poi - una volta viste scorrere sullo schermo - vissute con incredulità, le risate volano possenti per l'aere e, infine, ecco che - come per magia - il film appaga e, quindi, funziona.
Questa della visione in compagnia - più di tutte - è la modalità che riesce a dare un senso al film e che porta a galla i (relativi, ok) pregi di 'The Eye 3'. Certo, si tratta di una condizione colma di eccezioni e di elementi esterni alla pellicola che finiscono con l'incidere sulla stessa, ma la parziale (o forse parzialissima) riuscita del film non può essere attribuita interamente alla bravura degli amici: diamo per assodato il fatto che il film colpisce (anzi, lascia quasi esterrefatti) esclusivamente per la follia delle sue gag comiche (la parte horror, come già detto, è del tutto trascurabile); tali gag provocano la reazione del "non posso credere che l'abbiano fatto davvero" e, proprio per questo, fanno scattare la risatona convinta, ed è proprio qui che entrano in ballo i meriti dei fratelli Pang, ai quali - se non altro - va riconosciuto il coraggio (e ce ne vuole) di aver messo in scena certe idee e, soprattutto, la volontarietà dell'intera operazione, una caciara consapevole che sembra sapere quali sono i propri limiti, richiede e - cosa fondamentale - chiama a sé partecipazione e interazione, e che non si lascia prendere sul serio a partire dai titoli di testa, realizzati con una grafica che sembra quella di questo sito (pensa te...).
Se, per quanto mi riguarda, i fratelli Pang seriosi dei primi due 'The Eye' possono tranquillamente andare a a prendersela nel culo, i Pang cazzari di questo 'The Eye 3' sono riusciti a farmi ridere della loro stronzaggine, che è riuscita a soddisfare e a concretizzare le fantasie sfrenate di un gruppo di gente seduta sul divano a fare battute.
Non è poco.

Ricapitolando: 'The Eye 3', visto in condizioni "normali", è una commedia horror che non ti commedia e non ti horror, e che quindi non va da nessuna parte.
Togli il filtro della sua cineseria e il risultato, se possibile, peggiora.
Vedilo in compagnia e ti si apriranno le porte della percezione.

Filippo

Filippo dice:


Ratings:

talmente brutto che e' ad un passo dal sublime

brutto, soldi buttati

cosi' cosi'

bello

bellissimo, da non perdere